Nel bilancio pubblico si rischia un buco di non meno di 35 miliardi di euro. Non solo, oltre a questo, ogni anno, a partire dal 2016, avremo la necessità di coprire una maggiore spesa di altri 13 miliardi.
A cui, ovviamente, dovranno far fronte i contribuenti. Sarà
probabilmente questo l’effetto della sentenza che la Corte
Costituzionale potrebbe emettere domani 23 giugno.
IL BLOCCO DEI CONTRATTI - Al centro del problema c’è la dichiarazione di incostituzionalità della legge sul blocco dei contratti e
degli stipendi per i dipendenti pubblici deciso per il periodo compreso
fra il 2010 e il 2015 e peraltro confermato nella legge di stabilità
approvata dal Senato.
Insomma: né più, né meno di quello che è capitato
un paio di mesi fa con il blocco delle pensioni,
ora la stessa questione (peraltro con gli stessi identici punti di
diritto) pende per gli statali. In pratica, il legislatore aveva
bloccato l’adeguamento all’ISTAT dei contratti dei pubblici dipendenti e
ora questa norma potrebbe essere annullata con effetto retroattivo, con
obbligo di restituzione ai lavoratori di quanto non percepito in tutti
questi anni.
La stima di una perdita di 35 miliardi subito e, poi, a regime di altri
13 per ogni successivo anno, è stata formulata dall’avvocatura dello
Stato ed è stata presentata alla Corte Costituzionale. “Si tratta di
stime gonfiate fatte per fare pressione sulla Corte”, ribatte la dose la
Flp, il sindacato che per primo ha posto la questione di legittimità
costituzionale.
Che cosa succederà ora? Se il ricorso verrà
accolto, gli italiani saranno chiamati – in un modo o nell’altro – a far
fronte a un buco che potrebbe far saltare tutte le clausole di salvaguardia contenute nell’ultima legge finanziaria: è infatti quasi scontato l’aumento delle accise sulla benzina già a partire da questa estate. Ad esso si aggiunge l’aumento dell’IVA al 25,5% entro il 2018 (con un balzo al 24% già a partire dal prossimo anno).
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