Non solo le famiglie e i proprietari di seconde case. L'Imu peserà e
tanto sui bilanci delle imprese che possiedono un negozio, un
laboratorio o un capannone. Il conto potrebbe essere addirittura il
triplo rispetto alla vecchia Ici. Colpa delle aliquote più alte rispetto
al passato (quasi sempre e salvo poche eccezioni oscillano tra lo 0,96%
e il massimo applicabile, vale a dire l'1,06%) e i coefficienti
moltiplicatori più elevati. Alla fine, prendendo in considerazione i 10
maggiori capoluoghi d'Italia, l'aumento che una mini-impresa (prendiamo
l'esempio di un bar o di un ristorante) con un immobile di 100 metri
quadrati e una rendita catastale di 1.470 euro dovrà sostenere arriva a
toccare anche i 600 euro a Torino e si attesta tra i 500 e i 530 euro
tra Cagliari, Firenze, Palermo, Napoli e Bari. L'effetto più pesante,
tra l'altro, dovrà essere ancora avvertito. Perché nell'acconto giugno
gli imprenditori sono andati alla cassa calcolando l'importo dovuto
sulla base dell'aliquota standard nazionale (0,76%), ora invece al saldo
entro il 17 dicembre bisognerà applicare l'aliquota decisa dai singoli
comuni. In pratica, se allarghiamo il campo a tutti i comuni capoluogo,
l'aliquota media sarà dello 0,96 per cento. Tradotto in denaro, vuol
dire che dopo un acconto di 380 euro l'impresa dovrà pagare 580 euro di
saldo.
Continua qui
Nessun commento:
Posta un commento