I segretari delle organizzazioni scolastiche di Cgil, Cisl e Uil - che
hanno promosso il blocco insieme a Snals, Gilda e Cobas - sintetizzano
il motivi del loro "no" alla riforma del governo
Dai docenti, al personale Ata (di tutti i
sindacati) e anche a parte dei dirigenti scolastici. Domani, Flc Cgil,
Cisl e Uil scuola, Snals, Gilda e Cobas, dopo sette anni, scenderanno in
piazza uniti contro la riforma della "Buona scuola" proposta dal
governo. Il premier, come prima risposta, ha fatto notare che è
difficile comprendere uno sciopero contro un piano da 100mila assunzioni
in un colpo solo, a settembre. Ma la riforma Renzi-Giannini non si
riduce soltanto al piano di assunzioni. E' tanto altro. Lo spiega
Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil: la riforma disegnata
dall'esecutivo "è inaccettabile e incostituzionale in molte parti: nega
il diritto allo studio e allarga le disuguaglianze sociali e
territoriali". Inoltre "finanzia ulteriormente le scuole private".
Il governo ha infatti previsto per tutte le
scuole, statali e paritarie, nuove forme di finanziamento - il 5 per
mille dalle dichiarazioni dei redditi a favore delle scuole frequentate
dai figli; elargizioni in denaro da parte di privati cittadini e, solo
per le paritarie, la detrazione fiscale fino a 400 euro all'anno per le
spese sostenute per le rette. Misure che - contestano i sindacati -
rischiano di accentuare i divari tra gli istituti frequentati dai figli
dei professionisti e quelli delle aree a rischio. "Scioperiamo -
spiega Francesco Scrima, della Cisl scuola - per ottenere una
sostanziale riscrittura del disegno di legge su La Buona Scuola che, se
approvato come proposto dal governo, ci porterebbe verso una scuola
terra di conflittualità interna ed esterna".
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