Due giorni fa a Bergamo una ragazza di soli 25 anni è stata uccisa dall’ex che non aveva accettato il fatto di essere stato lasciato. Ieri, invece, l’ennesimo dramma si è consumato a Vercelli, dove un uomo ha speronato l’auto della ex e le ha dato fuoco. In entrambi i casi i due uomini erano stati denunciati dalle vittime. Ma, a quanto pare, a nulla era servito. Tragicamente. Ed ecco perché in questi casi dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico di tale drammatico fenomeno.
Peccato, però, che anche da questo punto di vista la risposta della politica sia quanto mai insufficiente. Eppure, si dirà, al Senato, guidato da Maria Elisabetta Alberti Casellati, c’è una commissione d’inchiesta sul femminicidio “nonché su ogni forma di violenza di genere”. Vero. Peccato sia stata istituita solo con delibera del 16 ottobre scorso, pubblicata in Gazzetta la settimana dopo, il 25.
In pratica, dunque, sono passati dalle elezioni del 4 marzo otto mesi senza che neanche ci fosse una commissione specifica sulla grave piaga sociale italiana. Da allora, però, i 20 membri della commissione avranno preso in mano la situazione? No, neanche per sbaglio. Da ottobre, infatti, non c’è stata una sola riunione sul femminicidio. C’è di più: neanche sono stati nominati presidente, vicepresidenti e segretari. Il vuoto cosmico.
(...)Qualche esempio per capirci: le “somme da destinare al piano contro la violenza sulle donne” sono passate da 35 a 33 milioni; il fondo destinato al “finanziamento dei programmi di assistenza e di integrazione sociale in favore delle vittime di violenza e di sfruttamento” è passato da 21 a 14 milioni di euro. Facendo un calcolo complessivo, i fondi per le politiche delle Pari opportunità sono calati quasi del 10% rispetto al passato.
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