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mercoledì 25 marzo 2020

Coronavirus, la “trincea” degli oltre 50mila volontari delle ambulanze: “I dispositivi di protezione sono carenti, per questo ora l’uso è più oculato”. I servizi alla persona? Chiamate aumentate del 1.400%

Tre le associazioni principali che si sono subito attivate allestendo sale operative speciali coordinandosi con la Protezione civile, Anpas, Croce Rossa Italiana e Misericordie. Tanti i soccorritori e le soccorritrici in isolamento dopo essere entrati in contatto con un paziente Covid: "La paura? C'è, ma la forza sta nello spirito associativo". Impatto emotivo? Attivati gli psicologi in emergenza


Dall’inizio dell’emergenza coronavirus a oggi sono scese in campo oltre 50mila persone. Vengono da esperienze di vita diverse, c’è chi lavora in fabbrica, chi in ufficio, chi ancora studia, ma anche chi un lavoro non ce l’ha. È l’enorme famiglia del volontariato in ambulanza. Soccorritori e soccorritrici che rappresentano “la vera trincea” del Covid-19 e che, fin dalle prime battute dell’epidemia, hanno prestato aiuto. Tre le associazioni principali, che già nel quotidiano operano in continuità con il Sistema sanitario nazionale, e che si sono subito attivate allestendo sale operative speciali coordinandosi con la protezione civile, Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze), Croce Rossa Italiana e Misericordie. Anche per loro la prima battaglia da affrontare è stata quella per reperire i dispositivi individuali di protezione, tanto da dover arrivare a “rimodularne” l’utilizzo. Ogni “spreco” è fatale, così, spiega a Ilfattoquotidiano.it, Michele Bonizzi, dipendente dell’Area salute della Cri, “le mascherine Ffp3, le più protettive, si usano solo per un paziente Covid quasi certo, o se in un intervento di 118 si agisce sulle vie aeree del paziente”, altrimenti si usano le Ffp2, o le chirurgiche, con un rischio ovviamente maggiore per l’operatore. “Neanche reperire i materiali ordinari per l’ambulanza è semplice”, sottolinea il virologo e presidente di Anpas Fabrizio Pregliasco, che ricorda l’impegno anche dei piccoli comitati, spesso costretti a lanciare da soli raccolte fondi locali per sopperire alla mancanza del sistema. Nessun corso, comunque, prepara a un’emergenza simile. Per questo tutte e tre le associazioni hanno attivato un team di psicologi, alcuni specializzati in “psicologia in emergenza”, proprio per supportare i volontari, molti dei quali sono oggi in isolamento dopo essere entrati in contatto con persone positive al Covid.

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