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giovedì 10 gennaio 2019

Di Maio non ha capito una cosa: quello del M5s è proprio il modello contro cui si battono i gilet gialli


La guerra contro la Francia di Emmanuel Macron e a favore dei gilet gialli, dichiarata da Luigi Di Maio (vicepremier, bis-ministro e capo del M5s), offre molti spunti di riflessione. Prima di tutto, il leader grillino non ha capito con chi ha a che fare: i francesi, al contrario degli italiani (per ragioni storiche che qui non è il caso di rivangare), si sentono Nazione sul serio. Magari si ghigliottinano a vicenda, ma guai se uno straniero osa mettere il naso nei loro affari interni. In virtù della presunzione – e grazie all’ignoranza (nel senso che ignora, tanto più sul fronte internazionale) – il giovane vicepremier ha trascurato quest’ultimo aspetto. Insomma, offrendo ai gilet gialli la sua “competenza”, nonché la “democrazia” farlocca basata sulla piattaforma Rousseau (è il colmo voler vendere un filosofo svizzero-francese ai francesi…), Di Maio “a marché dans une merde, come amano dire a Parigi e dintorni; o come, diremmo noi, ha pestato una cacca. Perché ha sottovalutato l’ipotesi di ricevere una pernacchia anche da coloro che vorrebbe sedurre.

Una proposta inattesasconveniente”: è stata infatti la reazionedell’ala moderata dei gilet gialli, che vorrebbe diventare un partito in vista delle elezioni europee. Non solo: “Quella del vostro vicepremier è un’ingerenza negli affari interni del nostro Paese”, ha detto Jacline Mouraud, focosa signora che lavora al progetto del partito, “Les Emergents“. “Davvero mi domando come sia possibile che un ministro italiano abbia bisogno di schierarsi contro un presidente di un Paese vicino”. Più favorevole a un dialogo con Di Maio è il camionista Eric Drouet, uno dei leader dell’ala dura. Intanto l’Eliseo, che ha ricevuto il sostegno della Commissione europea, ha fatto sapere che, se proprio Macron vorrà parlare con qualche italiano, lo farà con il premier Giuseppe Conte, mica con un vice che ricorre a “slogan a fini elettorali interni”.

(...)Insomma, il vicepremier, prima di riprovare a sedurre i francesi incavolati, deve studiare un po’ di più e deve capire con quale delle tante anime (alcune gratuitamente vandaliche) vuole parlare. Però non può fare a meno di ritentare. Il motivo? Le elezioni europeesono alle porte e il M5s – già in calo in Italia, a favore della Lega di Salvini – nel futuro Parlamento dell’Ue rischia essere schiacciato dai leghisti e dai loro alleati europei di estrema destra. L’obiettivo del partito – tuttora controllato, più o meno a distanza, da Grillo e Casaleggio – è quello di mostrarsi (a Bruxelles e non solo) distinto dai sovranisti alla Salvini, il cui abbraccio lo sta soffocando. Quindi i pentastellati hanno bisogno di avere qualcuno, all’estero, che faccia da spalla.
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