Pagine

mercoledì 22 aprile 2020

L’ADDIO DI UN NONNO MORTO IN UNA RSA: UCCIDE PIÙ L’INDIFFERENZA DEL CORONAVIRUS

DI CHIARA FARIGU
Impossibile restare indifferenti dinanzi che questa che più che una lettera sembra un atto di accusa. A scriverla un uomo di 85, ‘ospite’ in una delle tante Rsa, qualche giorno prima che il coronavirus avesse la meglio su di lui.
‘Prigione dorata’, così chiama la struttura nella quale ha vissuto gli ultimi anni sentendosi solo un numero. Prigione nella quale ha chiesto lui, ai suoi familiari, di essere portato per non essere di peso a nessuno. Scelta della quale si è poi pentito amaramente. Dopo essere diventato un numero, nient’altro che un numero, rimarca più volte, lui, che in passato è stato uno stimato avvocato.
Scrive ai suoi familiari, ai suoi cari figli e nipoti. Non ha bisogno di niente, sottolinea, se non di una loro carezza, di un abbraccio o di una voce che gli chieda ‘come stai oggi, nonno’? A mancargli è stato soprattutto l’odore di casa sua, il profumo della biancheria fresca di bucato, i discorsi attorno alla tavola imbandita, persino le discussioni che inevitabilmente si accendevano dinanzi a opinioni divergenti.
A mancargli, insomma, la sua famiglia, ‘non volevo dirvelo per non recarvi dispiacere’.
Nella mia vita, scrive nella lettera, non ho voluto mai essere di peso a nessuno. Figurarsi ‘quando ho visto di non essere più autonomo, incapace di svolgere qualunque funzione. Ma ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. E se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all’ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito. Questo coronavirus ci porterà al patibolo, ma io già mi ci sentivo, l’altro giorno l’infermiera mi ha preannunciato che se peggioro forse mi intuberanno o forse no. La mia dignità di uomo è stata già uccisa’.
Continua qui

Nessun commento:

Posta un commento