Doveva tornare in mano pubblica e diventare il polo della produzione di bus made in Italy. Il progetto, almeno in teoria, c’è ancora. Ma Industria italiana autobus (Iia) 441 dipendenti tra Bologna (152) e Avellino (289), al momento è privata. E turca. Il costruttore Karsan, che era socio al 5%, ha ricapitalizzato l’azienda l’11 dicembre salvandola dal fallimento. E ora il 70% è in mano sua, grazie a un aumento di capitale che per la sua parte vale 3,6 milioni di euro. Altri soldi li ha messi Leonardo, salendo dal 12 al 30%. L’ex Finmeccanica, ex proprietaria della Bredamenarinibus (il ramo bolognese del gruppo), resta per ora l’unico socio pubblico della società. Poco, se si considera il piano originale: portare nell’azionariato, oltre a Leonardo, anche Ferrovie dello Stato (attraverso la controllata Busitalia) e Invitalia. Dal ministero dello Sviluppo economico hanno detto ai sindacati che l’assetto societario è provvisorio. L’ha confermato il nuovo ad, Antonio Bene, parlando con le Rsu aziendali di una soluzione ponte per evitare il fallimento. Per l’ennesima volta.
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