Pagine

sabato 4 aprile 2020

Coronavirus, Crisanti: «Mascherine anche in casa. Riaperture? Ultima la Lombardia, prima la Sardegna»

Il virologo dei tamponi diffusi in Veneto firma uno studio con Neil Ferguson, il matematico inglese che ha fatto cambiare idea a Boris Johnson: «I dati dimostrano l’efficacia della restrizione. I contagiati in hotel, per non diffondere il virus in famiglia»

«Sarà meglio usare mascherina e guanti anche in casa. E, soprattutto, limitare all’indispensabile l’utilizzo degli ambienti domestici condivisi. Mi rendo conto del sacrificio ma i risultati del nostro studio sulle probabilità di essere infettati dimostrano chiaramente l’assoluta efficacia della restrizione».
Anche a costo dell’impopolarità, il professor Andrea Crisanti procede con un nuovo fronte di lotta al virus. Dopo l’idea dei tamponi diffusi, che in Veneto sembra abbia funzionato, ecco una proposta che farà sospirare le famiglie: mascherine pure fra le mura di casa.
Crisanti la fa dopo aver analizzato a fondo i dati dell’epidemia con una quarantina fra ricercatori e tecnici divisi in due gruppi di lavoro, uno italiano dell’azienda ospedaliera e dell’Università di Padova, dove lui dirige il Dipartimento di Medicina molecolare, e uno britannico coordinato dal Neil Ferguson dell’Imperial College di Londra, il matematico che ha fatto cambiare idea al premier Boris Johnson convertendolo a una strategia più aggressiva.

Lo studio, nato dall’indagine su Vo’ Euganeo, sarà presto a diposizione della comunità scientifica internazionale. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni: se c’è un positivo in famiglia, il rischio di essere infettati è 84 volte superiore rispetto alla norma; identificando e isolando tutti gli infetti la capacità di riproduzione del virus scende subito da 2 a 0,2; con l’isolamento si elimina la trasmissione anche senza imporre misure drastiche di contenimento al resto della popolazione; dopo aver ricostruito tutte le catene di contagio, dalle quali i bambini risultano esclusi, si stima che i primi casi infetti di Vo’, focolaio del primo decesso in Italia, risalgano alla seconda settimana di gennaio.

Nessun commento:

Posta un commento